L’Abbazia di Piona – Il Priorato di Piona

La vicinanza con il Lago di Como, fa si che le prime uscite con la moto, per un veloce mordi e fuggi, siano verso mete che giacciono mollemente sulle sue sponde; oggi è la volta dell’Abbazia di Piona, finora a me nota unicamente per le famose “gocce imperiali” un liquore di 90° giallastro che per degustarlo, se ne devno mettere poche gocce su una zolletta di zucchero

L’abbazia di Piona, o priorato di Piona, è un’abbazia italiana che si trova sulla sponda lecchese del lago di Como, nel territorio del comune di Colico.

L’abbazia sorge sull’estremità della penisola detta Olgiasca che, protendendosi nel Lago di Como, forma una caratteristica insenatura.

La primitiva chiesa dedicata a Santa Giustina sorse in età medievale: ad essa sarebbe seguita, alcuni secoli più tardi, la fondazione di un priorato, con il suo complesso abbaziale, che faceva capo a Cluny ed al suo movimento riformatore.

Il posto, per quanto decentrato si trovava lungo una rotta militare particolarmente strategica per il tempo, importanza che mantenne anche in età moderna e contemporanea e per il cui possesso si schierarono eserciti locali, regali ed imperiali.

Abside della chiesa di San Nicola Si tratta della strada che collega, attraverso la Valtellina, il milanese e quindi l’Italia centro-settentrionale all’Europa e che per questo rivestiva un’importanza strategica decisiva.

Il suo possesso assicurava a quanti ne avevano il controllo la porta d’accesso più agevole verso il cuore dell’Europa.

Così fu per i Celti poi per i Romani, i Longobardi, i Franchi, gli Ottonidi per arrivare a Carlo V che attraverso essa univa la Spagna alle Fiandre, per finire con i napoleonici ed, in tempi più recenti, con le truppe naziste in rotta verso la Germania sconfitta.

Tra questa strada ed il priorato si erge il promontorio del Montecchio (promontorio) che lo nasconde e ne rende difficile il raggiungimento.

Forse il clangore degli eserciti riuscì a interrompere il silenzio mistico che circondava l’abbazia o forse questa non si era accorta di quanto la storia andava svolgendole attorno, quasi timorosa di disturbare quella quiete irreale in cui è tuttora immersa e di offendere le lodi e i canti gregoriani che, unici suoni, ne rompevano il silenzio o, per meglio dire, la taciturnitas della vita monastica.

Addossato alla parete sud della chiesa si trova un bel chiostro costruito successivamente, probabilmente in sostituzione di uno precedente di cui non si ha notizia, notevole per la bellezza degli archi e dei capitelli finemente scolpiti con figure ed allegorie care a Cluny.

Il chiostro Il chiostro ha una forma quadrangolare irregolare che gli fa assumere un aspetto leggermente romboidale.

È racchiuso da archi a sesto pieno poggianti su colonnine e capitelli estremamente eleganti e interessanti per i loro particolari architettonici, diversi uno dall’altro.

Il complesso assume l’aspetto particolarmente armonioso e quieto dell’architettura romanica anche se nei capitelli si sente l’influenza del gotico francese o secondo alcuni del gotico cluniacense puro.

La parete nord del portico è ornata da un affresco particolare, una sorta di calendario simbolico con scene che fanno riferimento a singoli mesi o stagioni dell’anno e rappresentanti i lavori agricoli tipici del periodo.

Questo disegno è una striscia, quasi un fumetto che percorre la parete, di non eccelsa fattura artistica ma gentile e ingenuo, molto interessante per la testimonianza che dà della vita quotidiana e dei lavori che venivano eseguiti.

Residui di affreschi più o meno leggibili si trovano anche nelle altre pareti del chiostro.

Il priorato di Piona era inserito in quella grande rete monastica che da Cluny si era irradiata in tutta la cristianità sulla spinta di una nuova evangelizzazione e del bisogno di una riforma della Chiesa ormai sentita come corrotta e temporale.

Da questo movimento derivò alla Chiesa nuova linfa religiosa, vitale per la sua missione, ma anche una maggiore crescita politica in un momento che presto sarà teatro della contesa fra istituzioni universali, Papato ed Impero.

Il calendario Cluny e il suo movimento ebbero un enorme successo religioso e un grandioso sviluppo economico e politico all’ombra di potenti patroni politico-militari, successo strettamente correlato al loro favore.

Ma con l’affievolirsi di questo e con la comparsa di altri concorrenti religiosi, i cistercensi che meglio interpretavano le mutate esigenze spirituali, iniziò il declino di Cluny e quello della sua rete tanto miracolosamente costruita e tanto capillarmente diffusa.

La comparsa, infine, del suo più grande nemico dichiarato, Bernardo di Chiaravalle, accelererà la sua fine.

«…Mi meraviglia, da dove ha potuto svilupparsi fra i monaci tanta intemperanza nel mangiare e nel bere, nei vestiti e negli arredi dei letti, nelle cavalcature e nella costruzione degli edifici, al punto che lì dove più studiosamente, più voluttuosamente, più sfrenatamente queste cose accadono, lì si dica che l’osservanza si tiene meglio, lì si reputi maggiore la vita religiosa. Ed ecco che la parsimonia si tiene per avarizia, la sobrietà si crede austerità, il silenzio è riputato tristezza……»

(Bernardo di Chiaravalle, ex Cantarella G. M. – I monaci di Cluny)

Lo sfarzo delle cerimonie, la grandiosità degli edifici maggiori, il mutato interesse dei potenti perderanno Cluny e con essa molti dei priorati affiliati.

Anche Piona seguirà la sorte di Cluny e di altri priorati: lentamente ed inesorabilmente decadrà, diminuiranno i monaci sempre di più e il suo priorato si ridurrà a prebenda.

Prebenda da scambiarsi tra i potenti del momento, come occasione di gratificazione per i propri sodali fedeli, per i benefici economici che se ne potevano estorcere senza, peraltro obbligo di quegli interventi di ordine materiale e morale che avrebbero potuto salvare Piona.

È l’istituto della commenda, del patronato che si riduce a sfruttamento delle risorse commendate quasi sempre senza interventi restitutori.

Attraverso una temperie di avvenimenti storici quel monastero che nel medioevo era stato una delle punte di diamante dell’evangelizzazione cluniacense, in questa parte del lago di Como, cadrà in proprietà privata.

Solo la munificenza della famiglia Rocca, ultima proprietaria del complesso, fece rinascere il monastero con la sua donazione alla congregazione cistercense di Casamari, in memoria di un membro della famiglia, Cesare Rocca, e della moglie, Lidia, uccisi nell’Eccidio del cantiere Gondrand durante la Guerra d’Etiopia.

I monaci cisternensi presero possesso del priorato il 13 febbraio 1938.

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