Il Passo del Gavia

Citato come uno fra i più duri passi da scalare, anche con la moto, il passo di Gavia si trova a 2.618 m s.l.m. ed è un valico alpino posto ai margini sud-occidentali delle Alpi dell’Ortles, che mette in comunicazione la Val di Gavia e l’alta Valle Camonica, segnando il confine amministrativo fra le province di Sondrio e Brescia.

Pertanto, non potevamo chiamarci fuori, anche se, per poterlo affrontare con la fidata Bandit, abbiamo preferito attendere la metà di agosto, per essere sicuri di non trovare neve o il maltempo che qui la fanno da padrone praticamente lungo tutto l’arco dell’anno.

Durante l’anno il traffico veicolare è piuttosto scarso, per effetto del percorso tortuoso, della carreggiata particolarmente stretta, delle elevate pendenze e degli scarsi parapetti e protezioni, mentre in inverno, per via dell’elevata altitudine raggiunta, la strada è soggetta a chiusura per neve già in autunno fino a primavera inoltrata; d’estate essa è invece frequente meta di cicloamatori e motociclisti provenienti da tutta Europa.

Due chilometri prima del passo vi è il rifugio Arnaldo Berni, intitolato all’omonimo capitano morto durante la prima guerra mondiale sul ghiacciaio del Dosegù.

Già noto in epoca medievale, il valico faceva parte delle perigliose rotte commerciali alpine della Repubblica di Venezia e metteva in comunicazione con Germania, Tirolo, Austria attraverso la via Imperiale di Alemagna. Un tempo il tragitto era percorso in qualsiasi stagione, tra mille pericoli e rischi, come i repentini cambiamenti meteorologici, la nebbia fitta, le bufere di neve e le slavine, al punto da essere soprannominato “Passo della Testa del Morto“.

Il sentiero medievale che attraversava il passo fu oggetto di notevoli lavori di ampliamento e ristrutturazione in occasione del primo conflitto mondiale, durante il quale, vista la vicinanza della linea di fronte, la strada divenne di fondamentale importanza strategica. Il percorso restava in ogni caso sterrato, stretto e di notevole pericolosità. Dalla seconda metà del ‘900 sono state effettuate notevoli migliorie, tra cui la realizzazione di una galleria per evitare il tratto più pericoloso e la completa asfaltatura del tracciato.

A lato della strada, in prossimità delle sponde del Lago Bianco è visibile un crocifisso ligneo. Si tratta di un ex voto del 1929 e ricorda una madre e il rispettivo figlio che, in viaggio in auto da Santa Caterina verso Ponte di Legno, furono investiti in questa zona da una improvvisa fittissima nebbia. Miracolosamente sopravvissuti fecero poi porre il crocifisso a ricordo.

Luogo dell’incidente del 1954

Il mattino del 20 luglio 1954, un veicolo militare Fiat 639, con a bordo ventuno alpini di età compresa tra i 21 ed i 23 anni, cadde in una scarpata a seguito del cedimento del fondo della strada sul versante bresciano; lo schianto che seguì al volo di circa 150 metri causò diciassette morti. Dei due feriti più gravi, uno morì il giorno successivo per le ferite, per un totale di diciotto vittime.
All’epoca il tracciato, privo di parapetti e protezioni, era considerato molto rischioso e la sua percorrenza era sconsigliata agli autocarri; vigeva inoltre un divieto di transito, non rispettato, per i veicoli con più di 14 passeggeri. Nel punto dell’incidente la larghezza totale della carreggiata era di 2,30 m.
I corpi straziati degli alpini, appartenenti al 6º Reggimento, battaglione Bolzano, furono trasferiti nella chiesetta di Ponte di Legno per le esequie.
A ricordo della tragedia furono collocate due lapidi commemorative, tuttora esistenti.

Sulla strada che porta al Passo, più pìrecisamente a Tirano, facciamo una pausa ristoratrice, approfittendone per mangiare un panino. Ci incuriosisce la torre posta di fronte a noi e chiediamo, al proprietario del bar, informazioni che ci risponde essere la Torre Torelli

Osservando le lancette dell’orologio della Torre Torelli, sono ferme e segnano cinque minuti alle cinque. Il barista ci suggerisce di osservare meglio il quadrante di quell’orologio e notiamo che è deturpato da almeno venti colpi d’arma da fuoco. Perché, chiediamo, qualcuno ha fermato l’orologio in modo così brutale?

Non senza commozione, il barista ci dice che ha un lontano ricordo e ogni tanto, quando guarda quell’orologio, si ricorda tutto.

Ero piccolo nel lontano 1945, ma mi risuonano nella mente le grida delle donne di S. Maria. Urlavano: “I sparà, i spara ilò ai Turèi e sü per ‘l Castelàsc, piachìs ‘n dèli curt, che i spàra!” (Sparano, sparano alla casa Torelli e anche al Castellaccio, nascondetevi nelle corti, perché sparano ). Ricordo mia madre che veloce mi ha afferrato la manina e mi ha trascinato nella cùrt (corte) di casa nostra, ritenuta sicura”.

Ci racconta, infine, che la torre Torelli fu edificata nella prima metà del XIX secolo ed è un chiaro esempio della allora diffusione del gusto neogotico, tipico di quel periodo. L’imponente struttura in pietra è corredata da bei doccioni a forma di drago di stile medioevale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.